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Updated: 3-03-2007; 11:24:15.

 Martedì, 6 febbraio 2007

Web 2.0 e open standard
Qualche giorno fa Marco Camisani Calzolari ha posto un'interessante questione, e già molti hanno espresso opinioni interessanti.

In poche parole Marco si chiede "cosa succede dei nostri dati se una delle mille startup a cui li abbiamo affidati dovesse chiudere?".

E' una buona domanda, e io mi chiederei anche qualcosa di più: "se io decido di spostare i miei dati da un servizio all'altro, anche senza che il primo stia chiudendo, posso farlo agevolmente?".

Il problema è relativamente meno importante su piattaforme come Flickr o YouTube dove i contenuti originali di solito vengono creati sul computer dell'utente prima di essere caricati, e quindi esiste sempre una versione ad alta risoluzione in locale.

Ma che dire di quei siti in cui i contenuti vengono prodotti direttamente on-line? Materiali come i post di un blog, le reti di relazioni sui siti di social networking, la posta in un'applicazione di web mail o il testo scritto sulla pagina di un wiki generalmente esistono solo sul server di chi offre il servizio, e spesso e volentieri non è per niente semplice ottenerne una copia.

Per alcuni fornitori questo è un sistema per rendere più difficile ai clienti abbandonare il servizio (nessuno ha voglia di ricreare tutto ex novo da un'altra parte), e in alcuni casi questi considerano i contenuti una proprietà comune tra l'utente e il fornitore stesso, come nel caso di alcuni siti si social networking.

Ci sono numerosissime iniziative per la creazione di standard e API aperti in tutti gli ambiti del publishing on-line che hanno lo scopo sia di rendere facile e compatibile l'esportazione dei dati, sia di poterne avere una copia di backup, sia per poter eventualmente migrare da una piattaforma ad un'altra. Ovviamente qualcuno li adotta, qualcuno no.

In uno scenario in cui è sempre più evidente che gli utenti usano servizi diversi per gestire contenuti diversi (anche i più grandi non pensano più di poter amministrare l'intera vita digitale dei propri utenti), emerge sia la necessità tecnica di far interagire queste piattaforme, sia il bisogno di sensibilizzare gli utenti su questi temi.

Sempre più persone in rete diventano creatori e non solo consumatori, temi come il copyright non si applicano più solamente a Disney e Topolino ma a noi stessi, ed è opportuno che si inizi al più presto a prendere coscienza dei diritti che abbiamo su ciò che creiamo e su come amministrarli prima di trovarcene privati.

Quindi prima di iniziare a caricare la vostra vita sul prossimo Digital Lifestyle Aggregator di moda, assicuratevi di potervela anche riprendere.

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© Copyright 2007 Paolo Valdemarin.