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Updated: 2-03-2006; 12:50:02.

 Martedì, 14 febbraio 2006

La settimana scorsa mentre scorazzavo su e giù per l'autostrada A4 mi è capitato di sentire Eugenio Finardi ospite ad una trasmissione di Radio Rai.

Parlava del suo ultimo album, Anima Blues, e di come dopo anni di carriera nel mondo delle grandi case discografiche fosse contento di aver potuto produrre per conto proprio un disco che piacesse a lui e non ad una ricerca di mercato.

Ho sentito un paio di canzoni, non sono un fan di Finardi ma mi piace il blues e la sera stessa in albergo ho comprato il disco sull'iTunes Music Store (avevo pensato di scaricarmelo al volo da una connessione Wi-Fi di un Autogrill, ma con il costo di queste connessioni volanti potevo probabilmente andare ad un concerto). Comunque il disco è bello, decisamente consigliato, provate ad assaggiare.

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Visto che continuavo a trovarlo linkato dappertutto, alla fine mi sono letto questo articolo sui blog su New York Magazine. Non parla di blog in generale, parla di blog di successo, di A-list blog, quelli che sono arrivati in cima alla lista di Technorati, che fanno milioni di dollari in pubblicità.

Stando a Clive Thompson, l'autore dell'articolo, ormai la cima della lista è territorio di caccia delle grandi corporations, ormai non si può più arrivare in cima partendo da zero con un blogghettino gratuito e tanta buona volontà, oggi servono soldi, risorse e pubbliche relazioni.

Penso sia vero, ma devo dire che mi interessa poco. Lasciamo pur perdere la definizione, diciamo che anche se i blog più popolari continuano a potersi chiamare blog, sono poco interessato a quel tipo di blog. Si tratta di un nuovo modello di business per il settore editoriale, la cosa mi interessa sul piano professionale, ma non saranno certo questi blog a poter cambiare la società. Sono e saranno le centinaia di migliaia di blog della coda lunga a fare la differenza.

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© Copyright 2006 Paolo Valdemarin.