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Updated: 16-12-2005; 15:54:14.

 Venerdì, 18 novembre 2005

In un lungo e condivisibile post oggi Vittorio Zambardino ci ricorda che qui non siamo in America.

E' vero: durante la new economy 1.0 mentre lui nella sua startup spendeva miliardi per comprare tecnologia non supportata in America, io tentavo di sviluppare la stessa tecnologia nella mia startup 1.0 da vendere con prezzi e modi europei. Ovviamente la mia tecnologia veniva ignorata dalla gran parte delle aziende (ad eccezione della sua) che preferivano spendere un sacco di soldi per comprare roba che non avrebbero mai fatto funzionare.

Ho visto aziende venire costituite, spendere miliardi in licenze software e chiudere prima di riuscire a pubblicare una singola pagina html; bastimenti in fiamme al largo delle porte di Orione...

Ma è anche vero che una parte importante di questo web 2.0 (se vi irrita il nome chiamiamola quest'epoca tecnologica) è la componente sociale, non quella tecnologica o economica. Sebbene la penetrazione di Internet in Italia sia a livello da terzo mondo e non ci sia decisamente il tipo di cultura informatica che si trova in California o nel Nord dell'Europa, credo che anche l'Italia possa partecipare a questa fase di sviluppo facendo leva sulle proprie peculiarità.

Un mercato fatto da una maggioranza di piccole aziende potrebbe avere enormi vantaggi dall'adozione di applicazioni cedute in forma di servizio, dell'open source, di nuove forme per condividere la conoscenza e della viralità delle idee che caratterizzano questo web 2.0. Senz'altro almeno inizialmente non sarà la maggioranza ad abbracciare queste tecnologie, ma sono sempre le minoranze quelle che esplorano le nuove vie.

In altre parole è inutile illudersi di essere in California, ma non bisogna neanche rinunciare a tutto e mettersi a vendere suonerie solo perché sembra che al momento agli italiani non interessi altro.

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Da Ludo si parlava di blog e giornali, cercando di capire se e perché abbia senso per una redazione cercare di costruire una comunità di blogger attorno alla propria testata.

Pensandoci sotto la doccia stamattina mi è venuto in mente che l'elemento di maggior valore che tutti noi ricaviamo dalla frequentazione della blogosfera e probabilmente quello che dovrebbe suscitare maggiore interesse da parte di chi si occupa professionalmente di comunicazione è il tempo.

Oggi il tempo è senza dubbio il bene più raro e prezioso, tutti ne abbiamo troppo poco, tutti ne vorremmo di più per lavorare, per le nostre passioni, per non fare niente.

La blogosfera è un'enorme macchina in cui ognuno di noi riversa pezzetti del proprio tempo spesi per scrivere una riflessione come questa, per trovare un link che approfondisca una notizia, per commentare l'opinione di qualcuno, per condividere mille altri tipi di attività più o meno intellettuale.

Chiunque frequenti la blogosfera, per informazione o per svago, di fatto preleva questo tempo. Per esempio a me capita ormai regolarmente di ottenere notizie e informazioni non tanto frequentando decine di siti di quotidiani e riviste ma trovando link a questi siti creati da persone che hanno investito parte del loro tempo (che quindi io non dovrò spendere) per condividere una scoperta interessante.

Considerando che il problema principale per chiunque si occupi di comunicazioine è trovare il tempo per approfondire le notizie più rilevanti, un network di blogger nell'ambito del quale sia stata sviluppata stima e fiducia costituisce senza dubbio una risorsa preziosa.

Da questo concetto si può anche iniziare a discutere con quelli che ai blog non dedicano attenzione perché "non hanno tempo". Solo che adesso non riesco ad approfondire perché ho altro da fare. Magari approfondite voi se avete tempo ;-).

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Sulla prima pagina di Nòva ieri in edicola Luca De Biase scriveva di allarmi, un tema decisamente caldo e di cui non mi sembra ci sia stia peoccupando abbastanza. Una parte del pezzo è disponibile oggi sul suo blog. Tra le altre cose dice:

Luca De Biase: Il problema è che la tecnica dell'allarme è copiabile. E si può applicare a molti settori. Tanto che si diffonde. Fino a generare un sistema competitivo degli allarmi: un terreno sul quale si apre una nuova forma di concorrenza come quella che vediamo in questi giorni tra gli allevatori di pollame e l'industria dei vaccini. La verifica, vecchio arnese del giornalismo, a questo punto, dovrebbe tornare di moda.

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