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    Updated: 17-12-2007; 16:33:41.

     Giovedì, 27 settembre 2007

    La Vispa Teresa Reloaded
    Rientrando in ufficio dopo pranzo, ho sentito alla radio questo sequel alla famosa poesia scritto da Trilussa, in cui si scopre come andò a finire la storia.

    La Vispa Teresa avéa tra l’erbetta a volo sorpresa gentil farfalletta, e tutta giuliva stringendola viva gridava a distesa: “L’ho presa, l’ho presa!” 

    A lei, supplicando, l’afflitta gridò: “Vivendo volando che male ti fò? Tu si mi fai male stringendomi l’ale. Dhe, lasciami! Anch’io son figlia di Dio”! 

    Confusa, pentita, Teresa arrossì, dischiuse le dita e quella fuggì! 

    Se questa è la storia, che sanno a memoria i bimbi di un anno, pochissimi sanno che cosa le avvenne quand’era ventenne! 

    Un giorno di festa, uscendo di Chiesa la vispa Teresa alzava la vesta per farsi vedere le calze sciffonne, che a tutte le donne fan tanto piacere. 

    Armando, il pittore, vedendola bella, le chiese il favore di far da modella. “Verrete?” “Verrò, ma  badi però…!” “Parola d’onore!” rispose il pittore.

    Il giorno seguente, Armando, l’artista, stringendo furente la nuova conquista, gridava a distesa: “L’ho presa, l’ho presa!” 

    “Così mi fai male la spina dorsale! Mi lasci ! Che anch’io son figlia di Dio! Se ha il suo programma ne parli a la mamma!” A quella minaccia Armando tremò, dischiuse le braccia, ma quella restò! 

    Perduto l’onore, sfumata la stima, la vispa Teresa più vispa di prima, per niente pentita, per niente confusa, pensò che l’onore non è che una scusa. 

    Per circa tre lustri Fu cara a parecchi, fra giovani e vecchi, fra oscuri ed illustri. La vispa Teresa fu presa e ripresa. Contenta e giuliva Soffriva e s’offriva! (la donna che soffre se apostrofa l’esse ha tutto interesse di dire che s’offre!) 

    Ma giunta ai cinquanta, con l’anima affranta, col viso un po’ tinto, col resto un po’ finto per trarsi d’impàccio dai prossimi acciacchi, apriva uno Spaccio di Sale e Tabacchi. 

    Un giorno, un cliente, chiedendo un “toscano” le tese la mano, così…casualmente. Teresa la prese, la strinse e gli chiese: “Mi vuole sposare? Farebbe un affare!” Ma lui, di rimando, rispose: “No, No! Vivendo fumando che male le fò?” Confusa e pentita Teresa arrossi, dischiuse le dita, e quello fuggì! 

    Ed ora Teresa, pentita davvero, non ha che un pensiero d’andarsene in Chiesa. Con l’anima stracca Si siede e stabacca, offrendo al Signore gli avanzi di un cuore che batte la fiacca. 

    Ma spesso guardando con l’occhio smarrito la polvere gialla che resta nel dito, le sembra il detrito di quella farfalla che un giorno ghermiva stringendola viva. 

    Così, come allora, Teresa risente la voce innocente che prega ed implora: “Dhe, lasciami! Anch’io son figlia di Dio! Fu proprio un bel caso” sospira Teresa, fiutando la presa che sale nel naso. “Se qui non son lesta mi scappa anche questa!”     E fiùta e rifiùta, tossisce e sternùta, il naso è una tromba che squilla e rimbònba e pare che l’eco si butti allo spreco! 

    Fra un fiòtto e un rimpianto, tra un sòffio e un eccì, la vispa Teresa…………… …………lasciàmola lì! 


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    © Copyright 2007 Paolo Valdemarin.