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Updated: 13-12-2005; 17:38:16.

 Venerdì, 14 ottobre 2005

Massimo e Gaspar commentano il pezzo di Vittorio Zambardino a proposito di aggregatori RSS.

Indubbiamente è vero che la presentazione grafica degli aggregatori è povera e per sua natura polverizzata: tutti i contenuti sono presentati mescolati e allo stesso livello. Credo sia solo frutto di un momento dell'evoluzione della tecnologia. Gli aggregatori oggi sono la dimostrazione di come, grazie ai feed RSS, i contenuti di un sito possano vivere anche al di fuori del sito stesso.

Il discorso cambia un po' tra i feed RSS dei media mainstream e quelli dei blog: mentre per i primi, anche a causa della lunghezza dei contenuti, i feed contengono solo una parte dell'articoli, per i secondi sempre più spesso il feed contiene i contenuti integrali. Ciò significa che possiamo leggere i blog in un aggregatore senza mai cambiare pagina, mentre usiamo gli aggregatori solo come metodo rapido per consultare i media mainstream.

Per quanto riguarda questo è il mio modo di usare gli aggregatori: mentre li trovo utilissimi per seguire quello che viene scritto da centinaia di blogger senza mai cambiare pagina e consumando la rotellina del mio mouse (a me piacciono gli aggregatori che funzionano in modalità river of news, cioè con tutti i post nuovi inseriti un sotto l'altro nella stessa pagina in ordine cronologico inverso), non li uso quasi mai per leggere i feed RSS dei giornali perché trovo più comode le home page dei giornali stessi. A meno che non sia in condizioni particolari (ad esempio collegato da un cellulare), ammetto che preferisco dare un'occhiata a come i redattori di Repubblica hanno deciso di organizzare le notizie sulla loro home page rispetto a leggerele "alla rinfusa".
In altre parole, mentre leggendo Gaspar con l'aggregatore non visito mai il suo sito, leggendo Repubblica con l'aggregatore al massimo non vado sulla loro home page.

Però si tratta solo di una fase transitoria. Date un'occhiata a google news oppure al nuovo Memeorandum: notizie fresche, nel secondo caso provenienti da feed RSS, e pure impaginate. Non c'è stato nessun redattore ad impaginarle, del software ha deciso cos'era più rilevante e ha creato di conseguenza una presentazione delle notizie. Il sistema non è perfetto (google news ha collezionato varie brutte figure) e non prevede personalizzazioni, ma si evolve in continuazione.

Penso che tra non molto il nostro aggregatore sarà in grado non solo di prelevare dei contenuti dalle rispettive fonti e anche di dare loro rilevanza facendo leva su vari aspetti:
  • quali sono le fonti che leggiamo
  • quali sono gli argomenti di cui scriviamo
  • quali sono i link su cui clicchiamo più frequentemente
  • quali sono i link e gli interessi delle nostre fonti
  • dove siamo e cosa stiamo usando per accedervi
  • qualche tocco di configurazione manuale
Di fatto gli aggregatori centralizzati come Bloglines o il reader di Google già dispongono di queste informazioni, si tratterà di iniziare a sfruttarle, fare qualche errore e prima o dopo avere qualcosa di abbastanza simile ad una prima pagina. Certo: non avrà ricevuto le cure amorevoli di un giornalista, ma fino a quando non potremo disporre di un caporedattore a testa in grado di organizzare le nostre letture, sarà un bel passo avanti.

Prendo spunto da un commento di Alberto Mucignat a proposito di Les Blogs (il grassetto è mio):
viaggio + hotel + mangiare e tocca pure pagare l'ingresso
Come molti altri italiani ed europei, Alberto si lamenta del fatto che l'ingresso alla conferenza non è gratuito (costa 200 Euro più Iva). In effetti questo è un atteggiamento molto più diffuso in Italia che, per esempio, negli USA o in Inghilterra dove pagare per accedere a servizi ed informazione è considerato normale.

Per noi (e mi includo totalmente nel "noi", anche per me è tutt'altro che naturale) pagare è sempre l'ultima possibilità, quella che vogliamo cercare di evitare a tutti i costi.

Prendiamo l'esempio delle conferenze, o anche la UnConf di cui si parla in questi giorni (a proposito, com'è andata ieri sera?): se si vuole offrire degli ambienti confortevoli, caffé, wi-fi e relatori interessanti sono necessari un bel po' di soldi e, di solito, per mantenere l'indipendenza si cerca di evitare di coinvolgere sponsor che potrebbero pensare di poter così comprarsi l'interesse del pubblico. La soluzione è semplice: far pagare il pubblico per un servizio di buona qualità. Sembra logico, ma stando alla mia esperienza per molti questa sarebbe una seccatura tale da rinunciare alla partecipazione.

In modo analogo si soffre nel campo del software e dei servizi. Ci sono molte aziende che sviluppano e offrono servizi on-line e si mantengono, anche bene, facendosi pagare dagli utenti del servizio, ma questo da noi succede piuttosto raramente. Eppure è abbastanza naturale: trovo un servizio che mi piace, mi è utile, lo pago un prezzo ragionevole e posso usarlo. Da noi questa sembra un'eresia, mi capita ogni volta che dico che mantenere un blog può costare 5 o 10 euro al mese: certo, esiste anche chi offre il servizio gratuito, ma volendo avere qualche funzione in più, un po' d'assistenza tecnica, e soprattutto qualche garanzia in più sul destino dei contenuti che con tanta fatica produciamo, 10 euro mi sembrano tutto sommato un investimento ragionevole. Per i più non è così.

Purtroppo la predilezione per i servizi gratuiti implica un pagamento indiretto che spesso può essere più consistente del pagamento indiretto che abbiamo evitato, sia in termini di qualità del servizio, sia in termini di evoluzione dello stesso.

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© Copyright 2005 Paolo Valdemarin.